martedì 7 aprile 2009

ABRUZZO - COSA SI PUO' FARE PER PREVENIRE?

Bisogna fare qualcosa adesso anzi che pensare a cio' che purtroppo è già successo!



Dove finiranno gli stanziamenti?

L’AQUILA - «La più grande tragedia del millennio». Queste le prime parole usate per descrivere il terremoto che qualche ore fa ha colpito il centro dell’Abruzzo. Quasi duecento i morti, duemila i feriti, centomila gli sfollati. Dati impressionanti. Da catastrofe del secolo.


In queste ore, come normale, si fa un gran parlare delle cifre, della possibilità di prevenire eventi simili, della gestione degli aiuti, della prontezza dei soccorsi, e della enorme, profondissima solidarietà italiana che si è sempre ritrovata forte nei momenti di necessità. Italiani, brava gente. Si sa. Italiani, piezz’e core. E se la solidarietà è tanta, tanti saranno i soldi che si riverseranno in Abruzzo nei prossimi mesi. Una valanga. Un fiume. Silenzioso.

Il primo minstro Silvio Berlusconi solo poche ore dopo annunciava lo stanziamento immediato di 30 milioni di euro, in attesa di dirottare cifre più consistenti. Una quarantina di paesi nel mondo offrivano la propria solidarietà economica e di mezzi. Il governo italiano avviava le procedure per richiedere all’unione europea l’accesso al fondo europeo di solidarietà per le catastrofi naturali. Un fondo che dispone di risorse per un miliardo di euro. Una valanga. Un fiume. Silenzioso.

Il giro di denaro intorno a una tragedia di queste dimensioni è immane: equivale al costo di una guerra. Milioni di euro nel breve tempo, miliardi nel lungo termine. Per il terremoto dell’Irpinia del 1980 furono spesi più di 50.000 miliardi di vecchie lire. Ma solo la metà finì realmente nella ricostruzione. Nacquero fabbriche fantasma, quartieri fantasma, interi paesi fantasma. Un tecnico del comune si fece costruire una villetta per le vacanze al posto di un capannone. Alcune strade dell’epoca ancora oggi finiscono nel nulla. Altre provocano 300 incidenti l’anno. C’erano fiumi che oggi non ci sono più. 5000 abitazioni andarono a chi non ne aveva diritto e prefabbricati in amianto a chi lo avrebbe avuto, quel diritto.

Per quel terremoto si contiuna a pagare ancora oggi. 107 milioni di euro solo nel 2004. Il corrispettivo di 10.000 anni di stipendio per un impiegato con mille euro al mese. Tutti soldi che «andavano ad alimentare questo grosso ceto politico imprenditoriale affaristico e la camorra», secondo Giovanni Russo Spena, membro della commissione istituzionale che si occupò del sisma.

Per il terremoto abruzzese di questa mattina, già lo si capisce, il fiume di denaro avrà ben quattro diversi affluenti: gli stanziamenti statali e regionali, il fondo europeo per le emergenze, le donazioni dei cittadini e delle associazioni, il contributo internazionale in forma di fondi e mezzi. Affluenti con una portata non difficile da quantificare a priori: milioni di euro nel breve tempo, miliardi nel lungo termine. E intanto molte idrovore si stanno già, silenziosamente, collocando alla foce.

Un giro d’affari e un indotto a cui qualsiasi impresa sarebbe interessata. Certamente lo sarà «la prima azienda italiana»: un’impresa da novanta miliardi di fatturato ogni anno, che copre da sola il 7% del Pil italiano. La mafia. Il cui bilancio non è stimato da un visionario complottista ma dalla Confesercenti nel 2007. Di questi miliardi una considerevole fetta gestisce il settore dell’edilizia e immobiliare. Con quel perfetto sistema imprenditorial-criminale, radicato nel territorio e nell’economia di mercato, che la letteratura e Roberto Saviano hanno magistralmente descritto negli ultimi anni.

Una longa mano che opera in Italia, nel mondo e in tutta Europa. Francia, Germania, Inghilterra e Spagna. Edilizia, case, industria. Dal Mediterraneo all’Atlantico, in un area di migliaia di chilometri quadrati. Una multinazionale con sede centrale a Napoli e sedi distaccate ovunque nel mondo. Che ha affondato le unghie in tutte le principali tragedie italiane.

Anche l’abruzzese e la marsica sono territori noti alla mafia. Una zona in cui «c’è l’attenzione anche di alcuni esponenti della Camorra e della Sacra Corona Unita», secondo Francesco Forgione, presidente della Commissione parlamentare antimafia nel 2007. Una zona che secondo la Procura distrettuale antimafia dell’Aquila nasconde una parte del tesoro del boss Vito Ciancimino, stimato in 600 milioni di euro. Una zona su cui pesano come macigni le recentissime notizie di arresti per infiltrazione mafiosa. Appalti, concessioni edilizie, sanità. Proprio ciò che sarà necessario per la ricostruzione.

Notizie che la furia del terremoto ha spazzato via. Ha messo a tacere meglio di qualsiasi direzione antimafia. Notizie che fanno tornare alla mente quell’ospedale inagibile in piena emergenza, quella casa dello studente crollata, quel palazzo della procura distrutto in pieno centro all’Aquila.

Le mafie è dai primi anni novanta che non sono più un fuoco che divampa. Che esplode. Hanno cambiato strategia. Attenderanno il ricadere della polvere sulle macerie. E, come brace, lentamente coveranno sotto la cenere, per poi corrodere pazientemente tutto il legno nuovo che gli verrà buttato sopra.

Nel frattempo, questa notte all’Aquila una donna raccoglie compostamente le macerie della propria casa e guarda il cielo. Napoli dista solo tre ore di auto.

Luca Spinelli - La Notizia


3 commenti:

Juanne Pili ha detto...

Vedrai tra un mese ... se non di meno ... hai presente cosa è successo dopo il maremoto in Luisiana? Non dimentichiamo chi ci governa oggi, a quale "scuola appartiene" e non dimentichiamo chi è Bertolaso ... famoso per lo scandalo dello smaltimento rifiuti a Napoli.

Io vorrei tanto non farne una questione politica ... ma i delinquenti che molti votano, perchè "se sono furbi per se lo saranno anche per l'Italia", vanno cacciati proprio perchè poi, si ripete sempre la stessa storia del Vajont ... di cui, vedrai, nessuno parlerà in questi giorni, NESSUNO.

xtravaned ha detto...

la Mafia non morirà mai!

Matteo ha detto...

Quello che è accaduto in questi giorni è davvero un evento che gli abitanti abruzzesi ricorderanno a lungo ma purtroppo gli italiani e i media ritorneranno a parlare di delitti o fatti attuali come è giusto che sia. Anche noi nel nostro piccolo vogliamo aiutare queste persone e cercare di non dimenticarle mai. La nostra iniziativa è donare un alta percentuale del nostro ricavato a MediaFriends che si occuperà di aiutare queste persone. Se vi interessa l'iniziativa e volete contribuire basta semplicemente una piccola e simbolica donazione che salverà tantissime persone.
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