sabato 19 gennaio 2008

SCONTRI CAGLIARI CONTRO CASA DI SORU!!! MUNNEZZA.. TESTIMONIANZA ALLUCINANTE!!!

Siamo arrivati a livelli vergognosi!!! Leggete..

Mi chiamo Riccardo Caria, ho 26 anni e vivo a Cagliari. Venerdì 11 > gennaio 2008, come spesso accade, ho deciso assieme ad un amico (Mattia > Sanna, 21 anni, di Cagliari anche lui) di andare al cinema. Una serata > qualsiasi. Finita la proiezione, io è Mattia decidiamo di andare a > mangiare qualcosa prima di tornare a casa, visto che il giorno dopo > avremmo dovuto studiare. La scelta, come sempre, cade sulla pizzeria > Tre Archi in viale Diaz, anche perché avevamo saputo che altri amici si > trovavano in quella zona. Tutto ciò accadeva poco dopo le 23. Arrivati > nel luogo stabilito, la macchina viene parcheggiata nel parcheggio > della banca CIS. La stessa sera a Cagliari era in programma una > manifestazione davanti alla casa del governatore Renato Soru, per i > fatti legati ai rifiuti campani direzionati verso la Sardegna. Non > possiamo non sentire gli schiamazzi, vedere il dispiegamento di auto > della polizia, notare il fumo proveniente dalla collinetta di viale > Bonaria (dove abita il governatore). Incuriositi, decidiamo di > avvicinarci un poco e vedere cosa realmente stia accadendo. > Attraversiamo il parcheggio, che come ogni cagliaritano sa bene è molto > grande, e arriviamo all’inizio di viale Bonaria. Qui ci sono tanto > altri giovani e non, esponenti del mondo politico sardo, giornalisti, > mezzi della polizia, e quant’altro. In una via laterale si notano i > cassonetti rovesciati. Un lacrimogeno viene sparato, si sentono le > detonazioni delle bombe carta, arriva qualche petardo; il gas inizia a > riversarsi verso noi, quindi ci allontaniamo. Bisogna tenere ben > presente che dal luogo in cui ci trovavamo noi (ai piedi della > collinetta) non si vede la casa del governatore, quindi è ben facile > immaginare quanto distanti fossimo dall’abitazione, luogo dove erano in > atti scontri fra teppisti e forze dell’ordine. Attraversiamo nuovamente > il parcheggio della banca CIS e ci fermiamo sul marciapiede che si > trova di fronte alla “Sicurezza Notturna”, quindi in viale Diaz; di > fatto siamo all’ingresso del parcheggio. Li non era accaduto nulla, > siamo molto lontani dagli scontri, non ci sono teppisti e nemmeno > persone, eccezion fatta per tre giovani che poco dopo si avvicinano > dalle nostre parti; sono una ragazza e due ragazzi. Restiamo li a > guardare, increduli, allibiti per quanto stava accadendo, dal momento > che a Cagliari una cosa simile mai l’avevamo vista. Passano circa dieci > minuti, siamo tra le 23,30 e le 23,45: da viale Diaz direzione viale > Poetto arriva un Land Rover corazzato della polizia, una camionetta > bella capiente. Subito dopo vediamo arrivare uno schieramento di 10-15 > agenti in assetto antisommossa, quindi con casco, scudo e manganello. > Mattia mi dice “Guarda, arriva la polizia in tenuta. Stanno andando a > prendere i teppisti. Finalmente!”. Io ricordo di aver pensato che > siccome li non era in atto alcuno scontro, probabilmente la camionetta > era entrata all’ingresso del parcheggio per prelevare gli agenti e > portarli verso gli scontri. Poi da li tutto è successo velocemente, è > difficile anche spiegarlo a parole. Gli agenti hanno accelerato il > passo e sono corsi verso uno dei ragazzi che si trovavano a pochi metri > da noi, lo hanno afferrato e hanno iniziato a trascinarlo verso la > camionetta dandogli delle manganellate molto forti. La ragazza si > dispera e grida “No, lasciatelo! E’ il mio ragazzo, non ha fatto > nulla!”. Tempo due secondi e gli agenti le sono addosso, riservandole > lo stesso trattamento che avevano avuto pochi secondi prima col suo > ragazzo. Contemporaneamente afferrano e picchiano anche il terzo > ragazzo. Ripeto, tutto ciò è successo molto velocemente, quindi non c’è > nemmeno stato il tempo di pensare. E infatti io sul momento non capivo > cosa stesse accadendo, mi sembrava impossibile. Istintivamente ho > alzato le braccia in aria per dimostrare che ero li con intenzioni > pacifiche, non ero una minaccia e non avevo fatto nulla. Anzi, a dirla > tutta ero li per mangiare una pizza! Ma ciò non è valso a niente, visto > che sono stato afferrato per il collo da un agente molto più alto e più > grosso di me. Prontamente gli ho detto “Non ho fatto niente, non ho > fatto niente, non c’entro nulla, ho la macchina parcheggiata qui!”. Non > è servito a niente, l’uomo mi ha colpito col manganello e trascinato > via, anche se non facevo resistenza per non peggiorare le cose. In > compenso ho ricevuto degli insulti dall’agente, e mi intimava con delle > bestemmie di camminare. Trascinandomi mi sbatte contro un palo e > continua a spingermi per farmi andare verso la camionetta. Sul momento > ho pensato che forse volevano soltanto fare dei controlli, che non ci > avrebbero fatto altro male se non avessimo opposto alcuna resistenza, > ma sulla soglia della camionetta ho capito che non sarebbe affatto > andata così: i ragazzi prelevati prima di me iniziano ad essere presi a > calci e a manganellate sempre più forti e frequenti, vola anche qualche > sberla. A me succede la stessa cosa, prendo botte un po’ dappertutto e > in particolar modo nella schiena. Gli insulti continuano senza sosta. > Cercavo di spiegare le mie ragione, ma non vengo ascoltato da nessuno; > anzi, si inferociscono ancora di più, se è possibile. Veniamo fatti > sedere e cerco di restare calmo. Mattia non è più con me, non riesco a > vederlo, penso che forse è riuscito ad andare via. Io mi auguro che sia > andata così. Ma poco dopo viene portato anche lui sul mezzo e posso > distinguere chiaramente almeno 5 agenti che si accaniscono sulla sua > schiena con calci e manganellate. Salta subito all’occhio l’espressione > di dolore sul suo volto. Lo afferro prontamente per un braccio e lo > faccio sedere dietro di me, per metterlo un po’ al riparo. Si fa largo > intanto la voce disperata della ragazza, che implora gli agenti di > smetterla con la violenza. Gli agenti chiedono al poliziotto a bordo di > restare a fare la guardia a noi e lui risponde affermativamente. La > ragazza continua ad implorare perché cessino le botte. Il poliziotto è > un ragazzo, sembra il più umano di tutti, ci dice che adesso c’è lui > qui con noi e non verremo più picchiati. In effetti non ricordo di > averlo visto picchiarci neppure prima. Senza pensarci mi alzo in piedi > e inizio a spiegare all’agente che noi siamo brave persone, siamo li > solo per mangiare qualcosa e non c’entriamo assolutamente nulla con gli > scontri, abbiamo la macchina parcheggiata li vicino e siamo li per > quello. Ricordo anche di avergli detto che io non sono un contestatore > delle forze dell’ordine, che se la sono presa con le persone sbagliate. > L’agente allora risponde che quando ci sono simili disordini dobbiamo > fuggire via. Io allora gli ripeto nuovamente che siamo li soltanto per > mangiare, che gli scontri sono avvenuti molto lontano dal punto in cui > noi ci trovavamo e lo invito a guardare tutti i locali e le pizzerie > che in effetti ci sono in viale Diaz. L’ho fatto perché gli agenti > avevano un accento tipicamente romanesco, quindi ipotizzavo che > potessero non conoscere bene quella zona della città. A quel punto > anche gli altri ragazzi iniziano a parlare con l’agente, francamente > non ricordo nemmeno cosa si sono detti, ma suppongo le stesse cose che > avevo già detto io, più o meno. Nel frattempo fuori dalla camionetta > inizia ad arrivare della gente, probabilmente allibita da quanto stava > accadendo. Un signore si avvicina al finestrino e chiede all’agente se > quello che stava accadendo fosse giusto, che noi avevamo ragione, che > dovevano lasciarci andare. Ma noi non avevamo ragione, non eravamo li > per avere ragione di qualcosa, eravamo li semplicemente per mangiare. > Sta di fatto che l’agente fa passare pochi minuti, dopodichè chiama i > colleghi, gli dice che siamo bravi ragazzi e che è il caso di farci > scendere e mandare via. Inizio allora a chiedermi “Ma come, non ci > controllano neppure i documenti? Eppure essere caricati su un mezzo > equivale ad un arresto! Ci hanno arrestati senza una ragione, > malmenati, umiliati e neppure fanno un accertamento?!”. Lascio a voi le > valutazioni circa i miei diritti violati o meno. Comunque sia, le porte > della camionetta si aprono e veniamo fatti scendere. Ma non con i modi > di chi ha preso un granchio, bensì con calci, ulteriori manganellate, > urla, minacce, e bestemmie che devono essere arrivate fino alla vicina > basilica. Siamo fuori, ci allontaniamo da li. Scambiamo due veloci > chiacchiere con i nostri compagni di sventura, dopodichè fuggiamo a > razzo da li. Mattia rimugina di non aver preso il numero di targa, ma > onestamente era impossibile farlo in quel clima. In ogni caso era l’> unica camionetta in giro, sarebbe facile identificare i responsabili. > Ci dirigiamo all’ufficio denunce di via Nuoro e li troviamo un ragazzo > con la testa spaccata da una manganellata, accompagnato da un amico. > Ora non voglio sbilanciarmi, ma neppure con tutta la fantasia di > questo mondo quel ragazzo poteva passare per un delinquente. La serata > si conclude così, con me e Mattia che ancora non riusciamo ancora a > mettere a fuoco un avvenimento troppo assurdo per essere vero. Noi > picchiati dalla polizia. Solo un’ora prima avrei preso per pazzo > chiunque potesse dire una cosa simile. Il giorno dopo andiamo al pronto > soccorso per farci visitare. Li conosciamo un uomo che è stato > picchiato per aver cercato difendere la moglie, che immobile e senza > motivo alcuno stava venendo manganellata selvaggiamente dagli agenti. > La sera abbiamo conosciuto la moglie, ed era più bassa ed esile di me, > che non sono certo un colosso. Al pronto soccorso accertano il > pestaggio. La prognosi di Mattia è di 2 giorni, la mia di 3. La sera > abbiamo parlato con un giornalista dell’Unione Sarda e abbiamo > raccontato i fatti. Oggi, domenica 13 gennaio, sono usciti i nostri > nomi in un trafiletto, ma non viene certo ben spiegata la dinamica dei > fatti. Ho come l’impressione che la stampa stia facendo molta > confusione su questa faccenda, selezionando quali notizie riportare e > quali no. Si sostiene ad esempio che gli agenti abbiano semplicemente > fatto un cordone davanti alla casa del governatore, ma la mia vicenda > dimostra senza alcun dubbio che questo è falso, visto che noi siamo > stati picchiati molto lontano da li. Si sostiene anche che alcuni > partiti abbiano incoraggiato i disordini, ma chiunque fosse li non > poteva non notare che gli attacchi erano rivolti alle forze dell’> ordine. I teppisti erano degli ultrà e non avevano intenzione di > assaltare casa Soru, bensì creare disordine e cercare lo scontro delle > forze dell’ordine. Cosa che avviene sia se si verifica una > manifestazione di questo genere, sia se l’Italia vince i mondiali. Era > poi ben facile individuare i teppisti: avevano il volto coperto, > colpivano e fuggivano. Mi chiedo come le forze dell’ordine possano aver > colpito in maniera così indiscriminata pur essendo abituate ai > tafferugli da stadio, dove i teppisti si riconoscono senza troppa > fatica. Mi pare abbastanza logico che i teppisti fossero quelli a volto > coperto che scappavano e non quelli a volto scoperto che restavano > immobili perché innocenti e per permettere agli agenti di svolgere al > meglio il loro dovere. La contestazione violenta non ha avuto > assolutamente nulla di politico, io ho visto e posso assicurare che era > un classico fenomeno di ultrà, al quale siamo tristemente abituati. Il > questore parla di un finanziamento ai teppisti. Io non voglio fare > valutazioni politiche, non è questo il senso della mia testimonianza; > ma mi chiedo quale sia il nome e il cognome del fantomatico > finanziatore: ho visto coi miei occhi molti esponenti del centrodestra, > alcuni con le mogli e non credo le avrebbero portate se avessero saputo > cosa doveva accadere. Allo stesso modo è assurdo pensare che il > finanziamento provenga dal centrosinistra, non avrebbe senso. Quindi > chi? Forse il presidente Cellino voleva togliere di mezzo un > personaggio più popolare di lui? O più semplicemente il questore non sa > come giustificare quello che hanno fatto i suoi uomini? Questa > testimonianza è fatta per farvi capire cosa veramente è successo > venerdì notte. Certo, qualcuno dubiterà, qualcuno penserà che se la > polizia mi ha fatto quello che mi ha fatto evidentemente me la devo > essere cercata in qualche modo. Ma la verità è questa, le cose sono > andate così ed è questo che dovrebbero dire i giornali e non fanno. > Sono pronto a querelare la polizia e a combattere in tutte le sedi e in > tutti i modi, non tanto per il pestaggio squadrista che ho subito, ma > perché mi sento profondamente umiliato da questo abuso di potere, > trattato come un teppista e mandato via a calci, calpestando in ogni > modo la mia dignità. Il presidente Soru tira in ballo la solidarietà > citando la costituzione. Dovrebbe però ricordarsi che la costituzione > garantisce anche i diritti fondamentali dell’uomo e questi sono stati > calpestati in un modo che fa invidia ad una dittatura. Non ce l’ho con > i poliziotti, come ho detto sono sempre stato dalla loro parte e sono > fermamente convinto che facciano il loro dovere eseguendo gli ordini. > Il problema è chi questi ordini li impartisce. In linea di massima le > disposizioni hanno carattere nazionale, poi a livello regionale si > decide meglio come attuarle. Quindi se volete si può vedere un concorso > di colpe tra poteri tanto facili da individuare che eviterò di citarli. > Questa testimonianza spero abbia la massima diffusione in modo che > tutti possano conoscere i fatti di quel venerdì. Non ci sono > valutazioni politiche, non è nemmeno questione se sia giusto o no > portare l'immondizia altrui in casa nostra. Il punto è che chi ci > dovrebbe proteggere ci ha massacrato di botte senza una ragione. Non > possono però tapparci la bocca e la diffusione via internet credo sia > il metodo più efficace, quindi faccio affidamento su ognuno di voi, > ringraziandovi anticipatamente.

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AL CINEMA

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